NON C'E' SPERANZA SE NON C'E' PASSIONE

Dicono di me

Personalmente afflitto dalle dispersioni che la vita ci regala; Ragnatela di avvenimenti, luoghi, persone, antichi stupori che si disperdono, che non riusciamo a tenere nelle nostre mani, perduti ormai; intrisi d’ombra. Poi un soprassalto del nostro vissuto riappare, segnale che tutto non è andato perduto; tassello che ritorna in un catalogo di visioni di Ilaria Petri. Esiste un antico assioma che la pittura nasce dalla pittura e, nel caso di Ilaria, l’amore per Folon è di tutta evidenza. Sono acquarelli su carta di stupore, visioni dove il mare, il cielo, le cose, gli astri, percorrono la pagina nitidamente scandita: innalzano cuori alla luna a casa di Franco e Cuore bugiardo è pervaso da una sottile tensione fra il cappello che ondeggia verso di noi e gli alberi lontani che il vento spinge in altre direzioni e in senza titolo i petali sono allontanati da un venticello di poetica follia. Le fluttuazioni di Ilaria negli acquarelli del 1997 si chiudono ai lati per chiudere lo spazio o per simulare la visione dallo spazio di una finestra. In altri dipinti come in-quiete e pas vrai si evidenzia una maggiore sintesi più legata al colore monocromo, alla ricerca spaziale. Mi pare che Ilaria abbia, nel proprio arco, frecce poetiche da spendere attraverso gli affanni e le contentezze che la vita propone.

Umberto Buscioni Pittore

L’elemento naturale scelto come mezzo tecnico di espressione da Ilaria Petri è l’acqua che incontrando il colore con esso si incorpora per poi distendersi ed essere assorbito nel biancore incontaminato della carta. L’acquarello con la sua liquidità evanescente, nel pennello di Ilaria, diventa strumento per rendere visibili quelli che lei chiama i fossili della memoria. Fatti, avvenimenti, cose, persone e luoghi sono rimodellati e spogliati del loro significato originario e reinventati in una nuova forma dove il colore diviene il protagonista principale. I soggetti sono tracciati da un segno sottile che viene assorbito dal colore e con esso diviene tutt’uno. Nelle composizioni di Ilaria ci sono pochi elementi, collocati frontalmente, in uno spazio naturale fatto di cielo, mare, colline, che si trasforma in un ambiente di sogno felice e al tempo stesso pervaso di una nota di soffusa malinconia. Diversi lavori sono di piccolo formato e in queste dimensioni il colore sembra espandersi oltre i limiti del foglio invitandoci ad entrare dentro la sua atmosfera che si fa poesia. Nel mondo magico creato dalle tonalità fredde e calde delle varie sfumature di colore dove valigie volano, spicchi di luna si dondolano su vele appuntite, piroscafi in alto mare lasciano scie di fumo, alberi dai rami fluttuanti diventano ideali mani, nuvole e soli azzurri si stagliano sopra fantastici cieli aranciati. Un grande albero giallo con un occhio al centro dei rami è l’occhio dell’artista, che osserva il mondo in cui si sente a disagio. La pittura di Ilaria risente ancora il fascino dell’ammirato maestro Jean Michel Folon ma si percepisce la ricerca di una propria dimensione stilistica e di un linguaggio più personale. La tecnica dell’acquarello si rivela congeniale e adatta alla sua sensibilità che riesce a rendere il sapore di certe atmosfere che trasportano il fruitore in una dimensione di sogno dove lo spazio e il tempo sono annullati, dove la poesia delle cose semplici trasforma gli oggetti in pura fantasia. Con la sua pittura Ilaria ci invita alla ricerca del bello dell’armonia; i sui lavori ci dimostrano che è possibile sognare un mondo migliore dove trionfi il colore della libertà; dove sia bandita la guerra, la fame, l’ingiustizia; dove sia possibile sognare e giocare con spicchi di luna sulla riva del mare.

Franco Anichini Pittore-Professore

Del dipingere di Ilaria la prima cosa che osservo è il suo stare in una leggerezza, espressa con la tecnica difficile dell’acquarello. Una tecnica pittorica che obbliga ad essere selettivi e concentrati avendo fatto a monte i conti con le asprezze, le confusioni e i dirottamenti dell’arte e della vita. Mentre si pratica questa tecnica mai esile, mai banale, bisogna setacciare le esperienze produrre un gesto carico ma leggero e definitivo, (la limpida decisione non ammette cincischiamenti), la penellata limpida e decisa è la struttura base dell’acquarello. E comunque il peso del mondo è sopra, ma ce lo raccontiamo con eleganza e freschezza, partiamo lavorando sulle parti scure diluendo il colore sino alla definizione del punto luce che è il fondo bianco del foglio bianco. I lavori di Ilaria essendo fatti con questa tecnica, apparentemente si presentano semplici, in realtà sono un po’ più complicati. Le istintive consonanze e i delicati amorevoli riferimenti a Folon, non tolgono nulla alla sua originale personalità espressiva e alla sua forza poetica nel racconto del mondo. Ilaria donna intelligente, di grandi impulsi e di profonda vitalità riesce benissimo a sintetizzare, a sintetizzarsi ed esprimersi con questa tecnica pittorica. I soggetti delle opere fanno parte del mondo acqueo delle emozioni, delle speranze, delle nostalgie, dei giochi di equilibrio interpretativo proposti dal sub inconscio. Il gruppo dei lavori di qualche anno fa proponevano angoli di edifici ciechi, arcani con inquadrature espressioniste, architetture della vita da visitare, i colori erano tonali e falsamente tranquilli. Poi la vita ci regala esperienze entriamo in quelle architetture ci troviamo sofferenza e gioia, impariamo a giocare a raccontarci e a raccontare novelle di nuovo attraverso i figli. I toni degli acquarelli diventano più accesi e decisi. I giochi di parole e di colore ci aiutano. Arriviamo a una bella maturità espressiva con gli ultimi lavori (diciamo veristi). Paesaggi dove ci concentra sulla limpidezza dell’atmosfera attraverso colori decisi e caldi come un abbraccio, un bel modo di guardare, guardarsi attorno. E penso, forse era inevitabile che questo lavoro sull’acqua, simbolica, psicologica, reale da donna di mare lo esprimesse con la nobile tecnica acquea per eccellenza. Il mare presenza forte nella sua Viareggio e lo si sente in tutta la sua forza , anche simbolica e con tutte le implicazioni conseguenti che Ilaria ci racconta. E’ un bagno mentale in acqua comunque fresca e pulita ricca di esperienze, attraverso l’osservazione di queste sue meditazioni che l’autrice ci propone alla nostra lettura sempre con affetto.

Mauro Lovi Pittore

Allegoria, vale a dire parlare d’altro, állos agoréuein: «la figura che dice una cosa ma ne significa un’altra diversa dalla cosa detta è propriamente chiamata allegoria» (Pseudo-Eraclito, Timeo). Una sincope ed una deviazione del flusso comunicativo ed in ciò la vicinanza, per alcuni, di questa forma espressiva al geroglifico, all’iscrizione, alla scrittura cifrata. Con tutti loro infatti essa sembra condividere quella sfasatura, quel sottile sottrarsi (o moltiplicarsi indefinito) del senso dalla traccia che apertamente lo denuncia; forse fu tale motilità, tale ambiguità dell’effigie mai estinguibile in piena e definitiva armonia, ciò che feriva la sensibilità classica prima ancora che lo scorgere in essa una «mera modalità della designazione ». Come la riflessione critica romantica ha precisato all’allegorico non spetta il segno conciso quanto esplicito, concluso quanto breve, costante quanto immediato. Da un lato la pienezza d’essere del simbolo, Fülle des Wesens, al suo opposto la sotterranea, abissale, enigmaticità dell’emblema, dell’impresa, dell’allegoria. Dunque vi è una sorta di contraddizione fondamentale nel tentativo di ridurre la costitutiva polisemia di quest’ultima alla monoliticità dell’enunciato saldo ed univoco; assai più producente, assai più mobilitante, sondare e rilevare, con la dovuta arguzia, i sentieri/pensieri che in essa trovano incrocio momentaneo secondo traiettorie molteplici. Sentiero è coordinata spaziale: potremmo abbinare ad esso il fuso come traslato temporale poiché allegoria è sempre un composto di tempi diversi, eterocronia manifesta. Anzi è l’accento sul tenore storico più che sull’eccedenza del significante - la concatenazione inesauribile dei rimandi - che attraversa tanta allegoresi contemporanea: smarrita la compiuta organicità del disegno di insieme molta produzione d’arte può essere narrata come prassi di rinvenimento e montaggio, di scoperta e ricostruzione. La composizione come affanno ed esercizio sul frammento trovato, sul relitto spurio piuttosto che sulla forma perfetta e inscalfibile - l’allegoria è nel regno del pensiero ciò che la rovina è in quello delle cose, Allegorien sind im Reiche der Gedanken was Ruinen im Reiche der Dinge. Un procedere che approssima l’artista allo straccivendolo, al lumpensammler che Walter Benjamin seguiva tra i passages parigini e che il berlinese immaginava, «in un gioco largo di echi», stretto sodale delle avanguardie di primo novecento; il fatto che ciò possa altresì richiamare l’artifex dell’Intercenale Fatum et fortuna di Leon Battista Alberti non testimonia infine della tenacia e dell’ubiquità delle figure?

Fabrizio Arrigoni Architetto